Il discepolo ideale
Data: 24 Giugno 1961
Occasione: Gita Sathsang
Luogo: Nainital
Swami Vidyananda, nel Discorso in hindi che ha appena letto, Mi ha dato il benvenuto in questo Naini Tal, descrivendone la bellezza paesaggistica e lodandone il clima. Ebbene, ciò equivale a considerarMi un estraneo, che deve essere formalmente invitato e accolto. Io sono nella vostra Associazione (Sathsang), poiché ovunque si studi la Gita, Io sono e sarò presente. Non attribuisco tanto valore alla bellezza esteriore della natura quanto a quella del “carattere e della condotta“, che voi cercate di acquisire mediante lo studio costante della Gita. Sono venuto al Gita Sathsang per vedere tutti voi, poiché benedico ogni sforzo dell’uomo volto ad elevarsi attraverso lo studio e la pratica spirituale. “Oveunque i Miei devoti Mi cantano, là Io Mi stabilisco – Madhbhakthah yathra gayanthe, thathra thishtami Narada“, è la dichiarazione. In verità, il Signore è sempre là e ovunque, che Lo cantiate o meno. Il canto Lo rende soltanto manifesto, come il ricevitore radiofonico che capta la melodia dall’etere quando è sintonizzato sulla giusta lunghezza d’onda. La corrente scorre sempre; quando si collega la lampadina, si ottiene la luce. La Bhagavad Gita è un libro di testo per tutta l’umanità, che rivela i segreti della scienza spirituale in termini chiari e semplici. Ma sarà utile solo quando il lettore avrà lo stesso distacco che Arjuna possedeva quando Krishna iniziò il discorso. Se possedete lo stesso sconforto che aveva Arjuna, avete la competenza per ricevere l’insegnamento che rimosse il dolore. Solo un paziente affetto da una malattia ha diritto al rimedio specifico che la cura. Quale diritto hanno gli altri su di lui? Quale beneficio possono trarne? La Gita agirà sul sistema mentale solo quando i sintomi del dolore sono intensi.
Arjuna, il più grande arciere di quei tempi, ansioso da anni di distruggere i malvagi Kaurava, che lo avevano irritato con una vendetta spietata e sistematica, improvvisamente perde interesse per tutto ciò che fino a quel momento aveva considerato prezioso! “A che giova la vittoria sul campo di battaglia?” chiede questo eroe dai mille combattimenti! “Non vedo alcun bene nell’uccidere i parenti in battaglia“, afferma il guerriero che aveva giurato di sterminare il clan dei Kuru! “Non desidero ucciderli, anche se essi desiderano uccidere me; deporrò le armi; morirò senza opporre resistenza” si lamenta questo eminente combattente; “Preferirei mendicare di porta in porta e vivere di elemosina” afferma questo rampollo di stirpe imperiale. In breve, la sua mente era divenuta matura per l’illuminazione. Ha accanto a sé il Signore stesso come Guru, e lo sa. Gli chiede: “Sto lottando nell’ignoranza; sono confuso; non so cosa sia il dharma e cosa non lo sia“. Cerca la condizione di discepolo e si pone ai Piedi di Krishna in totale sottomissione! Chiunque, ovunque, raggiunga quello stato di resa spirituale riceverà la risposta da Krishna, e Krishna insegnerà la Gita dal carro da Lui guidato, cioè dal cuore stesso dell’individuo.
Lo scopo della Gita è rimuovere l’illusione (moha) che travolse Arjuna e gli fece credere di essere l’agente, mentre la verità è che lui era soltanto uno strumento. Così Krishna gli chiede, alla fine del discorso: “L’illusione nata dall’ignoranza è stata completamente distrutta in te?” Poiché, come un buon Maestro, Krishna è evidentemente disposto a ricorrere ad altri mezzi o a proseguire ancora un po’ il discorso, pur di far comprendere l’insegnamento all’allievo. Ma Arjuna è un buon discepolo; egli dichiara: “L’illusione è distrutta. Ho ottenuto il riconoscimento“. Ora, qual è il riconoscimento che ha ottenuto? Il riconoscimento del Sé o Atma. Egli ha visto sé stesso come essenzialmente Atma, e ha visto il mondo e tutti gli oggetti come sovrapposizioni sull’Atma, dovute all’ignoranza o all’illusione (maya). Un imperatore, mentre dorme, sogna di essere un mendicante; indossa abiti logori e piange pietosamente davanti alle porte altrui per un boccone di cibo; nessuno presta ascolto al suo lamento; non riesce più a contenere il suo dolore. Piange ad alta voce e sveglia sua madre. Ella viene e lo risveglia da quel sogno. Ora, la madre non ha bisogno di dirgli: “Ascolta, tu sei l’imperatore. Non sei un mendicante“. Egli lo sa non appena si risveglia. Il riconoscimento del Sé avviene non appena l’illusione scompare, l’illusione che questo mondo onirico sia reale! Un principe che da bambino cade nelle mani di una tribù della foresta e si comporta come uno di loro, non perde per questo la sua condizione di principe. Se lo si salva, egli sa di essere un principe. Così anche Arjuna dice: “Ho ritrovato la memoria, ho ottenuto il riconoscimento. Conosco Me stesso; Io sono Te stesso!“
Lo studio della Gita deve concludersi con questo risultato; la vostra Associazione deve avere questo compimento come obiettivo. Non lasciatevi incantare dall’abilità dimostrata da qualche pandit che sa recitare la Gita in tempo da record, o scriverla tutta su una cartolina, oppure ripeterla al contrario, o snocciolare commentari. Un uomo camminava sulla spiaggia, giocava con le onde e si immergeva nell’acqua. I suoi piedi sono bagnati! No, non c’è alcun miracolo in questo. È ciò che accade a molti studiosi che si avventurano nel mare della Gita. Nella Sala del Trono, quando il Maharana sta per prendere posto sul trono, i messaggeri proclamano i suoi titoli polisillabici, ma nel linguaggio quotidiano si usa il suo nome breve; il suo principato è soltanto un piccolo stato. Allo stesso modo, il pandit può apparire molto poposo agli occhi degli altri, ma per di sé, nel segreto della propria coscienza, è davvero un piccolo uomo. La grandezza dipende dalla disciplina spirituale e dal successo raggiunto grazie ad essa, nella pratica delle austerità religiose e nella ferma adesione ad esse. “Svegliatevi, alzatevi e non fermatevi finché la meta non è stata raggiunta“, si dice – “Uththishtatha, Jagratha, Prapyavaran nibodhatha“. Ma non è necessario marciare verso la meta. Non è un luogo dove bisogna andare. È semplicemente l’apertura dell’occhio, la rimozione del velo, il risveglio dal sogno, l’accensione della saggezza spirituale. Per ottenere il frutto di questo discorso sulla Gita, è essenziale una concentrazione unidirezionale. Krishna chiede ad Arjuna: “Hai ascoltato questo con mente attenta? L’hai udito senza distrazioni?” Infatti, il campo di battaglia dove si trovavano offriva molte distrazioni che potevano turbare la concentrazione della mente di Arjuna, mentre riceveva l’inestimabile insegnamento da Krishna. È davvero ammirevole che Arjuna, seduto sul carro tra i due eserciti, riesca a dominare la propria mente e a liberarla da tutte le passioni con cui era carica quando entrò in battaglia! Veramente, egli è un discepolo ideale. Dovreste ringraziarlo per essere stato l’ispiratore della Bhagavad Gita per l’umanità. Alcuni sostengono che la Gita insegni questo yoga più di ogni altro. Ciò dimostra soltanto la loro natura partigiana. Una volta che si comincia a praticare la Gita, idee come quella di voler esibire la propria erudizione superiore, proponendo una nuova teoria o un nuovo significato, svaniranno. La Gita è il più grande armonizzatore di tutti gli yoga. In effetti, una volta che la Gita diventa la stella guida della vostra vita, il vostro agire sarà automaticamente il karma yoga, il vostro sentire sarà il bhakthi yoga, e il vostro ragionare sarà il jnana yoga. Diventerà così in modo naturale. Quello che fate deve essere conforme al dharma; quello che sentite deve alimentare il prema; ciò che pensate deve rivelare il sathyam. Allora questa associazione (sathsang) sarà benedetta con la pace (santhi), e persino con la Pace Suprema (prasanthi).
Il successo arriva quando il vostro sforzo e la Sua Grazia si completano a vicenda. Come può entrare la Grazia, se non la cercate? Aprite la porta dell’impegno; allora il Signore Misericordioso entrerà, con la Corona del Successo.
Sri Sathya Sai Baba