Sri Sathya Sai Guru

Buon Halloween

La parola “Halloween” è la forma contratta di “All Hallow’s Eve“. Nell’inglese arcaico il termine “Hallow” significava “Santo”. Portato nell’inglese moderno “All Hallows’ Day” assume il significato “la vigilia di tutti i Santi” – ovvero la notte nella quale si dovrebbe restare vigili, non cedere alle braccia del sonno. Halloween, in italiano Ognissanti, non ha nulla a che vedere con le notti di poco gusto proposte dalla cinematografia hollywoodiana.

Nella leggenda irlandese – esportata nella metà del 1800 negli Stati Uniti, quando a seguito di una terribile carestia molti irlandesi attraversarono l’Atlantico in cerca di fortuna – Jack O’Lantern, a cui è precluso sia il Paradiso poiché peccatore, sia l’Inferno per ripetute scommesse vinte a discapito del Diavolo, è costretto a vagare nel limbo oscuro con un tizzone donatogli da Satana e che ripara all’interno di una rapa che ha svuotato.

Aldilà della leggenda va ribadito che Halloween ha un significato profondo e spirituale.

Nelle antiche valli di Erin, l’attuale Irlanda, il tempo dei pastori era scandito dalle necessità del bestiame, il quale doveva essere riportato a valle prima che l’inverno, con il freddo e le sue tenebre, iniziasse.

La fine dell’estate segnava la fine di un ciclo e l’inizio di uno nuovo. Il passaggio dall’estate all’inverno, simbolicamente dal vecchio al nuovo, era vissuto come qualcosa di magico e spirituale allo stesso tempo. “Samhain” significa appunto “summer’s end“, fine dell’estate, nota anche come Festa del Sole. In questo periodo, da una parte si ringraziavano il Sole e gli Dei per la loro generosità concretizzata in abbondanti raccolti, i quali permettevano sia alla comunità che al bestiame di superare il rigido inverno, dall’altra li si pregava per esorcizzare i pericoli che la nuova stagione poteva serbare.

Alla vigilia del nuovo anno, ovvero il 31 Ottobre, secondo le credenze celtiche gli spiriti dei morti potevano unirsi al mondo dei viventi annullando temporaneamente le leggi del tempo e dello spazio. In questo modo, gli spiriti erranti dell’aldilà potevano vagare ancora una volta sulla Terra prima di entrare permanentemente nel Tir nan Oge, la dimora dell’eterna giovinezza e felicità.

La morte era il tema predominante di questa festività, probabilmente perché oltre a segnare la fine di un ciclo, segnava per i vivi l’inizio di uno nuovo, mentre per i trapassati la loro destinazione. Nel corso della festività, tra balli e canti attorno al Fuoco Sacro, i celti cercavano con l’allegria di superare la paura della morte, passo obbligato per la rinascita dell’aspetto esteriore (natura) e di quello interiore (lo spirito umano) e da affrontare con coraggio e pienezza.

Simbolico e significativo è il fatto che terminata la cerimonia del Fuoco Sacro, che si teneva in raduni nei boschi e sulle colline, ogni partecipante doveva ritornare alla propria dimora illuminando il proprio cammino con la lanterna accesa da quel Fuoco Sacro.

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