Il dolore è familiare e il cambiamento è sconosciuto
La metafora del carcere interiore
Quello che segue è un passo riadattato del discorso che il monaco buddista (Buddhismo Thiến, lo Zen/Chán vietnamita) Thich Nhat Hanh (11/10/1926 – 21/01/2022) tenne al Maryland Correctional Institution, un istituto penitenziario, il 16 Ottobre 1999.
La metafora che propone merita particolare attenzione e una sincera riflessione, in quanto non è così facile scoprire il proprio carcere interiore, quello che ci “incarcera assai più di un carcere fisico.
Spesso si dice che se prendi un prigioniero e lo liberi dopo molti anni, lui non saprà come vivere da uomo libero. Potrebbe persino desiderare di tornare nella sua cella. La paura della libertà, la paura dell’ignoto, è così forte che preferisce la sofferenza che conosce. Noi tutti abbiamo un carcere interiore, e le sbarre di quella prigione sono le nostre paure, le nostre abitudini, le nostre percezioni erronee. Anche se la prigione ci causa dolore, è un dolore che conosciamo. L’ignoto al di fuori della prigione ci spaventa di più.
— Thich Nhat Hanh
Da Be Free Where You Are: A Talk Given At The Maryland Correctional Institute – Sii libero ovunque ti trovi: un discorso tenuto al Maryland Correctional Institute.


